capote.e.basta.!
Ultimamente al cinema (escluse proiezioni particolari all'interno di rassegne di un certo spessore) passano film mediocri. Non esula da questo giudizio di valore l'acclamato Capote.
Anzitutto, l'aggiunta al titolo, tutta italiana, dell'inciso 'A sangue freddo' si commenta da sola. Forse l'intenzione era quella di pubblicizzare il libro sul film che, puntualmente, è sugli scaffali Mondadori in bella mostra (notate bene, non parlo del romanzo di Truman Capote 'In cold blood' - quello sì un capolavoro - sarebbe chiedere troppo!).
Passando al film, Philip Seymour Hoffman è davvero notevole: un'interpretazione che sembra quasi una 'personificazione' (anche se per apprezzarla fino in fondo, vista la peculiare inflessione della voce del vero Capote, credo doveroso almeno un 'passaggio' in lingua originale) ma... questo è quanto.
Cioè, un film del genere - la storia della genesi di un libro che ha promosso la nascita di un nuovo genere letterario - non può reggersi esclusivamente sull'interpretazione dell'attore protagonista, pur bravissimo. In sintesi, la narrazione si avvita sul personaggio di Capote e, alla lunga, annoia. La mano del regista, inoltre, è pressochè assente e tale assenza contribuisce a rendere la vicenda narrata terribilmente piatta in termini emotivi, nonstante gli sforzi virtuosistici di Seymour Hoffman.
Piuttosto, speriamo che l'oscar come migliore attore protagonista (meritatissimo se pensiamo anche a tutte le sue precedenti interpretazioni - Boogie Nights, Magnolia, Almost Famous - solo per citarne alcune) non lo allontani (PSH) dai film di Paul Thomas Anderson, il regista - e che regista - che lo ha 'scoperto' e lanciato nel firmamento delle star di Hollywood.
Anzitutto, l'aggiunta al titolo, tutta italiana, dell'inciso 'A sangue freddo' si commenta da sola. Forse l'intenzione era quella di pubblicizzare il libro sul film che, puntualmente, è sugli scaffali Mondadori in bella mostra (notate bene, non parlo del romanzo di Truman Capote 'In cold blood' - quello sì un capolavoro - sarebbe chiedere troppo!).
Passando al film, Philip Seymour Hoffman è davvero notevole: un'interpretazione che sembra quasi una 'personificazione' (anche se per apprezzarla fino in fondo, vista la peculiare inflessione della voce del vero Capote, credo doveroso almeno un 'passaggio' in lingua originale) ma... questo è quanto.
Cioè, un film del genere - la storia della genesi di un libro che ha promosso la nascita di un nuovo genere letterario - non può reggersi esclusivamente sull'interpretazione dell'attore protagonista, pur bravissimo. In sintesi, la narrazione si avvita sul personaggio di Capote e, alla lunga, annoia. La mano del regista, inoltre, è pressochè assente e tale assenza contribuisce a rendere la vicenda narrata terribilmente piatta in termini emotivi, nonstante gli sforzi virtuosistici di Seymour Hoffman.
Piuttosto, speriamo che l'oscar come migliore attore protagonista (meritatissimo se pensiamo anche a tutte le sue precedenti interpretazioni - Boogie Nights, Magnolia, Almost Famous - solo per citarne alcune) non lo allontani (PSH) dai film di Paul Thomas Anderson, il regista - e che regista - che lo ha 'scoperto' e lanciato nel firmamento delle star di Hollywood.
david.kujan

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